Scicli è tra le città più romantiche d’Italia
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31 Gennaio 2020Scicli: il brutto anatroccolo è diventato un cigno…ma….
A Scicli è successo qualcosa che quaranta anni fa non avremmo previsto. Da città a vocazione agricola si è passati a città che pur mantenendo la sua vocazione agricola è diventata anche città turistica. Voglio partire dalla fine dell’Ottocento: disponiamo delle fotografie del centro storico di quegli anni. Sorprende lo spazio urbano dei torrenti, che risultano spazi alluvionali sia nella cava di san Bartolomeo e nella sua continuità dell’attuale Piazza Italia (allora area alluvionale), sia nella cava di santa Maria la Nova e nella continuità dell’attuale via Aleardi.
Per esigenze igieniche tra fine Ottocento e primo Novecento si sistemarono queste aree con grandi canali che nella seconda metà del Novecento in parte sono stati coperti.
La percezione che si aveva sia da quanti venivano da fuori, sia dai residenti era di una città priva di valori estetici al di là di singole emergenze di architetture ecclesiastiche.
Le cose sono cambiate a partire dagli anni Settanta del Novecento vuoi per scelte politiche, mi riferisco alla individuazione di un centro storico e alla sua perimetrazione nel Piano Regolatore Generale di Colaianni, vuoi per una vivacità culturale che ha cominciato a mettere in evidenza la bellezza e il valore del centro storico.
Ma a determinare il vero e proprio cambiamento in termini di percezione (ma non di consapevolezza) del valore della città storica come bene culturale di grande valenza è stato l’imprevedibile successo della serie televisiva del commissario Montalbano e l’inserimento di Scicli nella lista del patrimonio Unesco.
Basti pensare alla ricettività inesistente in città fino agli anni Ottanta e la quantità di bed and breakfast che ci sono oggi a venti anni dall’inizio della serie televisiva del commissario Montalbano.
Ci si è accorti in questi venti anni che quel che si considerava un brutto anatroccolo nel frattempo era diventato un bel cigno. L’arrivo di italiani provenienti dal nord e dal centro Italia, con l’acquisto di case nel centro storico, col conseguente restauro, ha determinato anche un impegno da parte degli sciclitani nel restaurare tanti edifici del centro storico sia nel fondovalle che nelle fiancate delle colline di San Matteo, del Rosario, e della Croce.
Un restauro di una edilizia minore ancora in corso. Dicevo prima di percezione cambiata ma non di consapevolezza. Il valore di Scicli nel suo centro storico consiste nella sua impaginazione orografica collinare con una stratificazione edilizia di lungo periodo dal Medioevo ai nostri giorni, con la dominante irregolarità delle altezze degli edifici con la tipologia di casa contadina, con la coperture a tegole d’argilla, con modanature negli stipiti e nelle trabeazioni in calcare, in un contesto di rocce calcaree a vista. La qualità del tessuto dell’edilizia minore è necessaria alla qualità dell’architettura monumentale fuori scala. Questa immagine visiva della città che si percepisce da piazza Italia e dalle strade del fondovalle è la sua peculiarità che dovrebbe essere mantenuta, come accade nei consapevoli centri storici del Nord Italia e di tanti centri e borghi europei.
Qui comincia un qualcosa che avrà, come temo, effetti notevolmente negativi, se non devastanti,nei prossimi decenni. Quel cigno di cui parlavo comincia a perdere piume e se si continua il percorso di questi ultimi anni, diventerà spelacchiato: mi riferisco al cambiamento fisico e conseguente di immagine della città con interventi in cemento armato, con alterazioni delle tipologie edilizie, con arbitrarie sopraelevazioni.
Manca, in effetti la consapevolezza del valore complessivo della città storica e conseguentemente la sua salvaguardia.Tutto sta avvenendo nel silenzio assordante della delle classi dirigenti. Già ci siamo in gran parte mangiati i quartieri popolari dello Scifazzo e di San Giuseppe. Se non salvaguardiamo la collina di San Matt
(eo e le altre fasce collinari del Rosario e della Croce, addio bella Scicli e addio turismo. Un cigno spelacchiato può diventare con un opportuno ripieno un buon piatto natalizio.
Paolo Nifosì
(La foto di copertina è puramente esemplificativa)
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