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24 Gennaio 2018UNA POESIA SCICLITANA RICORDA IL TERREMOTO DEL 1693
L’11 gennaio in Sicilia si ricorda un evento che sconvolse l’intera Sicilia orientale: nel 1693 il terremoto più forte della storia d’Italia (e il ventitreesimo terremoto più disastroso della storia dell’umanità) colpì la costa orientale dell’isola, con un epicentro tra Catania e Siracusa.
Passato alle cronache come il “terremoto del Val di Noto (magnitudo 7.4) distrusse totalmente oltre 45 centri abitati provocando circa 60 mila vittime e dando vita nello Jonio a un devastante maremoto le cui onde arrivarono fin nelle coste della Grecia.
Oggi Scicli, Modica, Ragusa, Noto, Siracusa e tutto il Val di Noto, cittadine antichissime, sono frutto della ricostruzione post terremoto. Per fortuna una massiccia ricostruzione settecentesca di chiese e palazzi barocchi, che oggi fanno parte del Patrimonio dell’Unesco, ha permesso a questo territorio di riscattarsi di questa immane rovina.
Ecco come appariva Scicli prima del 1693
Un dipinto di Antonino Manoli, conservato nella navata destra della Chiesa Madre di Scicli, raffigura una Scicli seicentesca sotto San Guglielmo. L’ opera è del 1723 ma racconta la città com’era prima del terremoto del 1693 con i 3 valloni e le case e le fortificazioni che si dispongono tra valli e colline. (in foto uno scorcio di Scicli con 2 dei tre valloni)
Una poesia sciclitana ricorda il terremoto del 1693
“Questa è Sciclitana, mia madre con le sue sorelle la sapevano a memoria.
Ogni mattina in questa data mia madre mi raccontava questa … poesia. Solo per chi piace il nostro dialetto, in ricordo del terremoto del 11 Gennaio 1693 che devastò la Sicilia”.
“ All’unnici ri innaru,
cumparsa ddiu cu na spata fra li manu,
addimustrau vulia fari piriri lu munnu e si pintiu,
Catania e Militieddu sabbissau.
A vintinura sfacia lu munnu,
Gesu Cristu nterra stapia calannu ,
vitta li porti chiusi e dissì;
chista e mamatri ca li va murannu!
Rispusi sa matri ca uci a urnu ,
figghiu sugni can u mi iri circannu;
Matri nu nciercu a vui ,
ma ciercu li chiova ca li piccaturi manu ciantatu spissu,
e na ntiempo nnenti u munnu cia bbissu.
Noo caru figghiu miu,
se u munni cia bbissi tutti li pirdimu,
cu na puocu i tiempu ca ci ramo,
prima sa rimettunu e puoi a unu a unu i ricugghimu……”TRADUZIONE
Nell’ undici di Gennaio 1693 è comparso Dio con una spada in mano che minacciava, voleva far sparire il mondo ma si penti, Catania e Militello sprofondò. Alle 21.00 si distruggeva il mondo e Gesù Cristo mentre stava scendendo sulla terra vide le porte chiuse e capì che sua Madre li stava salvando. Rispose la Madre con la voce soffocata, “Figlio sono qua non mi cercare”.
No Madre non cerco voi, ma cerco i peccatori che continuano a piantarmi i chiodi e in un niente gli distruggo il mondo.
Noo figlio mio, se il mondo distruggi li perdiamo tutti, diamogli un po di tempo per pentirsi dei loro peccati e poi uno per volta li accoglierai nel tuo Regno…
(Nell’immagine, di Claudio Magro, il dipinto di S.Guglielmo in preghiera sopra la città di Scicli com’era prima del terremoto del 1693)