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In questa nuova pillola di archeologia non affronteremo però la storia della festa (raccontata già qui) ma, viaggiando nel tempo, andremo alla scoperta del profondo legame tra la Sicilia e i cavalli e tra il territorio di Scicli e questi meravigliosi animali. Amore che possiamo percepire ancora oggi.
Siete pronti? Iniziamo!
La tradizione ippica in Sicilia
La tradizione ippica in Sicilia, in particolare quella della zona orientale, affonda le sue radici in un passato non molto recente. Ad approfondire questo aspetto ci aiuta il saggio della prof.ssa Margherita Cassia, docente dell’Università di Catania.
Il suo articolo “Multa enim bona Sicilia generat: patrimonio zootecnico e nuovi profili professionali” all’interno del volume “Silenziose Rivoluzioni la Sicilia dalla Tarda antichità al primo Medioevo”, racconta la professione dell’ ippiatra, un veterinario di epoca tardoantica.
L’attenzione verso il cavallo si evince da un’iscrizione siracusana paleocristiana nella quale viene citato questo termine.
Perché un medico per cavalli a Siracusa antica?
Andando a ritroso nelle fonti è possibile intuire l’importanza di questi animali, tanto da essere richiesti, per il loro pregio, in tutto il Mediterraneo.
La professione dell’ippiatra dovette infatti rivelarsi particolarmente redditizia nel tessuto economico di una regione come la Sicilia, esportatrice di cavalli di razza, curati con lo zafferano isolano e destinati ad una triplice funzione, ossia ludico-ricreativa per gli spettacoli circensi, militare come risorsa a disposizione per gli eserciti, e amministrativa per l’espletamento del servizio del cursus publicus.
Vegezio, tra IV e V secolo, in un trattato paragonava le qualità dei cavalli siciliani a quelli cappadoci, spagnoli ed africani e, addirittura, si narrava che questi fossero più longevi.
L’imperatore Gordiano I ne avrebbe donato cento per essere utilizzati nei giochi circensi a Siracusa, a Catania e a Roma. Lo testimonia l’epistolario di Simmaco, in cui è documentata la richiesta di cavalli siciliani, ma anche di aurighi, per i ludi di Roma.
Seguendo la notizia di Strabone, i Romani avrebbero destinato alcune terre incolte non solo a pastori ma anche ad allevatori di cavalli.
Il potenziamento della rete viaria nel IV secolo in Sicilia spesso avveniva dove era presente un’eccellente disponibilità di cavalli, in quanto utilizzati come mezzi di spostamento, anche per il servizio postale.
Una delle vie perfezionate e potenziate fu quella che aggirava i monti Iblei per poi arrivare ad Agrigento, seguendo il percorso lungo la costa.
Queste vie spesso possedevano delle mansiones (stazioni), cioè dei luoghi di rifocillamento per il cavaliere e il cavallo e anche dove si poteva sostituire quest’ultimo.
Una sorta di antica “stazione di rifornimento”.
A Scicli era presente una di queste importanti stazioni di rifornimento?
Attraverso l’Itinerarium Antonini, un registro delle stazioni dell’Impero romano, è possibile rintracciare qualcuna di queste. Tra quelle siciliane la nostra attenzione cade sullo scalo chiamato Hereo, definito refugium (“refugium Hereo, sive Cymbe”), identificato proprio in territorio sciclitano.
C’è da dire che la collocazione esatta di questo “refugium” però è alquanto controversa. Infatti qualcuno lo colloca nei pressi dell’odierna Donnalucata, mentre il topografo Giovanni Uggeri lo localizza alla foce del fiume Modica-Scicli, mentre l’archeologo Biagio Pace lo colloca alla foce del fiume Irminio.
Proprio quest’ultima ipotesi sembrerebbe la più accreditata.
Un’annotazione riguardo al termine “Hereo (sive Cymbe)”:
Cymbe potrebbe derivare da Cymba ovvero “barchetta”, probabile indicazione delle ridotte dimensioni del rifugio o della sua forma. Un’altra ipotesi colloca Cymba nel porto di Kaukana.
Si deve puntualizzare che nell’ Itinerarium quest’ultimo toponimo è stato aggiunto solo nel IX secolo
(Di Stefano, Leone 1985, pp. 30-31, Di Stefano, Leone 1985, pp. 25-26).
Secondo altri studiosi invece una stazione era collocata proprio a Sampieri, nella zona ove, nel 1822, sono stati ritrovati i resti di un’antica villa romana e una statua di Asclepio, dio della medicina (oggi custodita al museo Paolo Orsi di Siracusa).
Al di là delle ipotesi avanzate dai vari studiosi e sopra menzionate, una cosa è certa: il legame tra
Scicli e la tradizione ippica ha radici profonde. Ancora oggi ne possiamo percepire la forte passione per questi magnifici animali.
Paola Dantoni
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- Paola Dantoni è laureata in Archeologia presso l’Università degli Studi di Catania ed è iscritta alla scuola di Specializzazione in Beni Archeologici con sede a Siracusa.
Nel 2018 ha partecipato alla prima sezione di scavi al Castello dei Tre Cantoni sito sul Colle San Matteo a Scicli (RG). Nell’estate 2021 ha partecipato alla campagna di scavi a Pompei. Dal 2019 fa parte del team di “Agire”, cooperativa che gestisce e valorizza turisticamente i Siti Culturali del Comune di Scicli.