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8 Febbraio 2023IL MISTERO DELLE CENTOSCALE
Ogni sciclitano avrà sentito, almeno una volta nella vita, parlare delle “Centoscale” ed avrà ammirato
la cavità in grotta sita nel quartiere storico di Santa Maria La Nova a Scicli (RG).
Stiamo parlando dell’affascinante Grotta delle Cento scale, o “grotta Marinero”, che custodisce un antico passaggio che conduce, da una parte, a una sorgente d’acqua dolce (ancora oggi presente) e, dall’altra, passa nel cuore del colle San Matteo.
Questo cunicolo rupestre con scale scavate nella roccia era un importante passaggio e un fondamentale approvvigionamento d’acqua in caso di assedio nemico.
Pochi sanno che le fonti storiche locali riportano in realtà non una ma ben due “centoscale”!
La prima è quella che ancora oggi è in parte visibile, ovvero la sopracitata scala nella all’interno della cosiddetta grotta “Marinero”; la seconda invece è quella che veniva definita la “Scala di Anselmo“, ma di cui si sa veramente poco.
Gli storici da sempre ne hanno descritto le vestigia e la rarità di questi spettacolari lavori
di ingegneria umana. Per fare un un po’ di chiarezza iniziamo da alcune notizie storiche.
Notizie storiche
- 1) Don Mariano Perello, cappellano dell’ordine Gerosolimitano dei Cavalieri di Malta, storico e fine archeologo, a proposito della Scala di Anselmo, nel 1640, scriveva:
“una meravigliosa cava sotterranea da 500 passi, quale fino al giorno di oggi si conserva e si vede; ove possono passare agiatamente due uomini a cavallo e due a piedi“.
Secondo le fonti la strada dovrebbe estendersi da sopra il Castello dei Tre cantoni sino al Molino sotterraneo detto della Botte (zona via Fiumillo); - 2) Nel 1879 il canonico Giovanni Pacetto, riguardo la scala di Anselmo, affermava:
“di questa strada se ne ignora l’ingresso, il quale essendo stato all’interno del nostro antico castello, allorquando questo interamente crollava pel summentovato terremoto del 1693 ne veniva coperto colle sue ingenti rovine. Nel dammuso che sottostà al campanile della chiesa di San Matteo se ne osserva tutt’ora l’incavo e la direzione procedendo a discendere internamente nella declinazione di quella collina, passando dinnanzi l’attuale chiesa di Santa Caterina, ove fu scoperta allorchè si costruiva primitivamente la strada della Maestranza”. - 3) Per le Centoscale invece, opera attribuita da Antonino Carioti al mitologico architetto Dedalo, il giudice Salvatore Rizza, riprendendo i suoi predecessori, affermava:
“Al di là di questo (cioè la grotta Marinero) il cunicolo si restringe e si addentra con una leggera pendenza in salita , fino a terminare in un’apertura, all’incirca del diametro di quaranta centimetri, al di là della quale si intravede una grotta. È probabile che a monte la galleria si dirami in due tronconi, uno dei quali sbocca nel punto che si appella col nome di Steri“.
È importante sottolineare che le fonti qui citate sono solo alcune e qualcuna di queste da
“prendere con le pinze”, perché frutto delle concezioni e degli studi di quei tempi.
Purtroppo la roccia non è possibile datarla con metodi scientifici, come per i materiali organici,
di conseguenza non è facile stabilire l’esatta epoca di costruzione di questi luoghi.
Si possono però fare però dei confronti con altri esempi più famosi come le Centoscale di Cava Ispica, all’interno del Parco Forza, ancora oggi visitabili.
Queste scale molto probabilmente servivano per collegare i centri fortificati con le fonti d’acqua
sicure, anche in caso di assedio. Le Centoscale, a detta delle fonti, collegavano lo Steri con la fonte
d’acqua ancora visibile nella grotta Marinero. Il percorso probabilmente continuava fino al castello, ma ad oggi, per trasformazioni postume nel reticolato urbano, è difficile ricostruirne l’antico tracciato.
Peraltro il racconto di Jean Hoüel del 1782 sulle Centoscale di Ispica può essere tranquillamente utilizzato per descrivere le Centoscale di Scicli:
“”Una scala scavata all’interno della roccia, per scendere dall’alto fino in basso, al fine di attingere l’acqua senza essere visti e senza correre alcun pericolo, fa supporre, per la sua bellezza, che gli abitanti di questa rocca conoscessero le arti e le sapessero usare. Questa scala è veramente ben fatta: non mi è stato possibile discendere fino in fondo, perché è riempita di massi…”
Jean Houel, Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Lipari et de Malta, Imprimerie de Monsieur, Paris, 1782/87
Ecco come si presentava l’attuale via Dolomiti (quartiere S.M.La Nova) nella seconda metà del settecento.
Jean-Pierre Hoùel nel suo viaggio in Sicilia 1776-1779 disegna e descrive le antichità della città.
A Ragusa J. Hoùel viene ospitato dal barone Ferdinando Nicastro presso il palazzo detto oggi Vecchia Cancelleria. Dalla città iblea, probabilmente attraverso la valle dell’Irminio, Hoùel si trasferisce a Scicli, creduta Casmene, dove disegna l’abitato medievale del Castellaccio. In esso trovasi una scala ipogea, paragonabile al “Centoscale” del Fortilitium di Ispica, la quale, scavata all’interno della rupe, consentiva l’approvvigionamento idrico presso la sotterranea sorgente. La foto evidenzia una scala esterna dell’insediamento a carattere trogloditico del Castellaccio.
La Scala di Anselmo, invece, connetteva l’abitato di Chiafura e del castello con la fonte situata nei pressi del Mulino della Botte.
Seguendo sempre le fonti e grazie al supporto di Google Maps possiamo provare a ricostruirne il
percorso.
Ipotetico percorso delle Centoscale
Ipotetico percorso scala Anselmo
Anche queste ipotesi ricostruttive vanno analizzate con dovuto distacco, perché basate su alcune delle fonti, riportate sopra, la cui certezza sul campo non è stata ancora confermata.
Nuovi studi in futuro potranno sicuramente gettare nuova luce.
Terminiamo il nostro discorso con le bellissime parole sulle Centoscale scritte sempre dal Hoüel:
“Intendo parlare di una grande scala . Essa basta per darci una buona idea di questa città, della
quale niente fa conoscere il carattere di perfezione a cui l’architettura era pervenuta in quei tempi.
Sebbene una scala sia poca cosa, tuttavia, quando è ricavata nella roccia, quando è di bella
esecuzione, sagomata come questa, necessariamente produce un’impressione molto favorevole. È
la prova che il popolo che l’ha foggiata in tal modo per il suo uso, vi avva apportato le cure più
grandi: si vede che era sensibile ai vantaggi e soprattutto alla gloria che risultano da ogni
monumento ben eseguito”.
N.B. Gli estratti dei testi riportati sono stati riadattati.
Paola Dantoni
Paola Dantoni è laureata in Archeologia presso l’Università degli Studi di Catania ed è iscritta alla scuola di Specializzazione in Beni Archeologici con sede a Siracusa.
Nel 2018 ha partecipato alla prima sezione di scavi al Castello dei Tre Cantoni sito sul Colle San Matteo a Scicli (RG). Nell’estate 2021 ha partecipato alla campagna di scavi a Pompei. Dal 2019 fa parte del team di “Agire”, cooperativa che gestisce e valorizza turisticamente i Siti Culturali del Comune di Scicli.