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26 Ottobre 2016Andrea Caschetto: dispensatore di sorrisi in giro per il mondo
Storia di un ragazzo speciale: dal tumore al cervello, al giro del mondo per gli orfanotrofi alla premiazione, con standing ovation finale, presso l’ONU.
Lo ammetto, Andrea Caschetto lo seguo da diverso tempo, da quando il fenomeno mediatico non aveva ancora avuto una crescita esponenziale come quella che sta avendo in questi ultimi mesi.
Chi è Andrea?
Andrea, ragusano, viaggiatore dall’ età di 13 anni, ha girato almeno due volte ogni continente. A 15 anni subisce un delicato intervento al cervello per un tumore che gli è costato la perdita della memoria a breve termine, così da essere soprannominato «memoria zero», anche se col tempo ha fatto enormi progressi.
Diventa famoso per il suo impegno sociale e per aver portato il suo sorriso negli orfanotrofi di tutto il mondo. Lo scorso marzo, in occasione della Giornata Mondiale della Felicità, invitato a parlare alle Nazioni Unite, è stato salutato con una standing ovation (video).
Massimo Gramellini ne “La Stampa” del 21 ottobre 2016 lo descrive così:
A quindici anni Andrea sopravvisse a un tumore alla testa che gli ha tolto la possibilità di trattenere qualsiasi informazione. Memoria Zero divenne il suo soprannome e la sua condanna. Non riusciva più a ricordare un fatto, un volto, un colore. Finché, per una serie di circostanze che qualcuno giudicherà frutto del caso e qualcun altro di un disegno preordinato, lo smemorato si ritrovò a visitare un orfanotrofio in Sudafrica.
Al ritorno si accorse che rammentava ancora benissimo le facce e le parole dei bambini. Poteva ricordare. Non tutto, perché la stanza della sua memoria aveva le dimensioni di una monocamera. Ma qualcosa sì, a patto che fosse legato alla sfera emotiva. Soltanto un’emozione associata a un’immagine possedeva la forza di imprimersi nella sua mente. E quelle che ci riuscivano meglio erano le emozioni trasmesse dai cuori puri. Andrea si mise a girare per gli orfanotrofi di mezzo mondo, dispensando sorrisi in cambio di ricordi. E in questo modo è riuscito a costruirsi un sistema cognitivo basato sui disegni che gli ha consentito di laurearsi e imparare quattro lingue. (Massimo Gramellini)
Il suo primo libro
Il primo libro di Andrea Caschetto, “Dove nasce l’arcobaleno”, racconta la storia del primo giro del mondo per gli orfanotrofi raccontata da un ragazzo che è riuscito sempre a superare gli ostacoli fuori dal normale che la vita gli ha riservato grazie all’aiuto del sorriso. Il libro è in vendita dal 19 ottobre 2016.
Tutti i proventi derivanti dalla vendita del libro saranno devoluti in beneficenza. Una parte di essi è già stata destinata ad Africa Milele Onlus per la costruzione della “Ludoteca nella Savana” a Chakama, in Kenya.
La storia di Andrea raccontata con le sue stesse parole:
“Andrea, hai un tumore nel cervello”.
“Quando sentì quella frase, non ebbi paura. Forse perché avevo solo 15 anni, forse perché avevo la testa altrove. Scappai di notte dal mio reparto con il camice bianco per andare in una sala a guardare una partita di calcio in televisione, era quella la mia unica paura, il risultato di una partita. Quella notte fu la mia ultima notte piena di ricordi. Dieci anni fa, esattamente in questo istante, Francesco Dimeco con la sua equipe mi stavano operando al Besta di Milano. L’operazione era difficile, rischiavo di perdere la parola o qualcosa in più. Ma il medico è stato un fenomeno.
Ebbi un solo fastidio nel tempo di attesa dovuto a questa operazione, la data. Il 2 Novembre? Mi chiedevo scherzando, perché mi avessero messo in questa data che puzzava di morte. Fra gli amici e i parenti ero l’unico che ci ridevo su. Mi misero sotto i ferri. Il risveglio è stato più difficile del previsto, avevo la difficoltà nell’esprimermi, nel mandare segnali di comprensione. Iniziai a farmi portare per quell’ospedale sulla sedia a rotelle, poi anche in città. Le persone mi fissavano, ma quando muovevo la testa per guardarle, automaticamente toglievano lo sguardo”.
“Prima dell’operazione non studiavo mai e avevo voti altissimi”.
“Seguivo per bene le lezioni e non avevo bisogno di fare esercizi a casa. Dopo mi ritrovai smemorato e con una concentrazione pessima, non memorizzavo più niente. Il cortisone mi fece diventare un cocomero e mi ritrovai ad essere senza pretendenti. Tutte le ragazze che mi corteggiavano in precedenza mi dicevano che ero bello per il carattere, ma dopo l’operazione galvanizzarono nel nulla. Andai tutti i giorni a fare lezioni private di tutte le materie, i dati che mi spiegavano morivano la sera con il mio sonno. Notti che da allora le passo senza sogni, o forse, dimentico anche loro. Persi quell’anno scolastico, perché i professori pensarono che me ne volessi approfittare, che la mia memoria era una scusa perché mi seccava studiare, chiamarono la mia operazione all’emisfero sinistro, un piccolo interventuccio”.
“Il 2 Novembre che data, a tutti rappresenta la morte e a me, la vita”.
“Tutti iniziarono a chiamarmi memoria zero, adoravo quel soprannome. Ogni cosa triste, veniva dimenticata. Fu straordinario come in quell’estate, vari professori del liceo di altri corsi, mi contattarono, invitandomi a ripartire con loro. Che avremmo trovato insieme un metodo per non farmi vedere lo studio, impossibile. Così feci, cambiai corso e iniziai a svolgere le interrogazioni a piccole dosi e i compiti con le formule davanti. I nuovi professori mi volevano bene. Pian piano svanì il mio sogno di diventare magistrato per combattere contro la mafia, perché fare giurisprudenza in questo modo non era la soluzione ideale. 4 anni dopo andai in Africa per la prima volta. Al mio ritorno in Sicilia ero sorpreso, mi ricordavo tutti i volti dei bambini, le attività che avevamo fatto, le emozioni provate. Così ho iniziato a chiedermi il perché di questi ricordi.
Ho scoperto grazie a Gianni Golfera, che
tutto ciò che colpisce i nostri sentimenti rimane per sempre nella memoria a lungo termine.
Così ho iniziato a memorizzare con le emozioni e le immagini. Con questo metodo ho preso una laurea e un master e ho recuperato una buona parte della memoria. Ancora oggi affronto le mie giornate così. Ormai i controlli sono più una scusa per incontrare il mio neurologo, caro amico Giuseppe Didato, perché sono sicuro che non avrò più niente e se lo dovessi riavere, lo riaffronterei con la stessa tranquillità. Anche per questo motivo ho deciso di fare questo viaggio, il giro del mondo per gli orfanotrofi. Per ricordarmelo per sempre. Ancora oggi ci sono città del mio viaggio che non mi ricordo come si chiamano, ma pazienza, l’importante è ricordarsi come fare ridere e divertire i bambini. Quindi avete capito perché questo nuovo look? Per mettere alla luce del sole la mia bianca cicatrice. Per festeggiare con lei e con i miei piccoli amori il mio vero compleanno, 10 anni di piena vita. E poi un messaggio per tutti voi, non avete bisogno di un tumore per amare qualcosa che possiamo perdere ogni giorno. Affrontate le vostre giornate ringraziando la vita. Solo così tutti i vostri problemi, non saranno solo tali, ma saranno delle piccole situazioni da trasformare in positività nel miglior tempo possibile. Grazie a mia mamma che non ha avuto bisogno della mia operazione per capire l’importanza che avessi per lei. Grazie per chi condividerà la storia e mi aiuterà a diffondere il mio progetto”.
Andrea Caschetto
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